Oggi e domani il “convitato di pietra” (anche se forse può apparire impropria questa definizione, visto che tutti ne parlano) aleggerà sui mercati di mezzo mondo (probabilmente anche in più di mezzo mondo).
Mancano meno di 24 ore al tanto atteso “d-day”: impensabile, quindi, che in questi 2 giorni gli investitori non siano “guidati”, nelle loro scelte di investimento, dagli scenari che potrebbero aprirsi nel caso di una affermazione di Kamala Harris piuttosto che di Donald Trump, che, a quel che si legge e si sente, è talmente sicuro di avere la vittoria in tasca che a stento trattiene il desiderio di dichiarare “coram populo” di essere il nuovo Presidente. Cosa che potrebbe essere il preludio, nel caso le cose non andassero per lui in questa direzione, a scenari già visti 4 anni fa: e anche se Capitol Hill, questa volta, sarà ben presidiata, di certo non lo saranno tutte le città e altri luoghi “simbolo” della democrazia americana. La quale, è vero, è fatta di “passi e contrappassi” che possono certamente “reggere l’urto” di proteste che, non c’è dubbio, ci saranno, con casi che, già si sa, andranno oltre i limiti imposti dalla “libera convivenza”, ma qualche “disturbo” potrebbe subirlo (se non altro pensando alle eventuali battaglie legali e all’ostruzionismo che probabilmente Trump imporrebbe ai suoi “adepiti”).
In queste ultime settimane i mercati americani, peraltro, hanno iniziato ad assumere un posizionamento “pro-Trump”. O, meglio, ritengono, sulla scia dei sondaggi (anche se quelli delle ultime ore sembrano tornare a dare qualche speranza alla candidata democratica, soprattutto grazie al voto femminile, notevolmente a favore dell’attuale Vice-Presidente), che l’ex Presidente abbia molte più probabilità di affermazione.
Ecco, quindi, che hanno “preso posizione” su quegli asset che si ritiene possano trarre maggiori vantaggi da un’affermazione repubblicana.
Il bitcoin, per esempio, si è spinto sin verso i $ 73.000 (anche se questa mattina è tornato sotto i $ 70.000, forse proprio a causa degli ultimi sondaggi).
Idemper i treasuries (il cui “peso”, va detto, anche in termini di “percepito” è ben diverso rispetto alla criptovaluta per eccellenza, se non altro per il “valore” anche simbolico, oltre che, ovviamente, puramente finanziario, che i titoli governativi americani hanno nei confronti delle altre asset class), che, da metà settembre in poi, hanno iniziato a perdere valore, con il rendimento del decennale tornato al 4,3% circa (era arrivato al 3,6%). E’ noto, infatti, che il tycoon non si farà problemi ad aumentare il debito pubblico USA (già ora tra il 120 e il 130 % del PIL, con una spesa per interessi che tende ai $ 1.000 MD), essendo la sua politica economica basata su tagli alle tasse dei ceti più abbienti e delle società che producono negli Stati Uniti (riducendo l’aliquota al 15%), introducendo anche una deregulation generalizzata. Non che la candidata democratica si sia imposta di ridurre, di contro il debito, ma comunque l’aumento sembrerebbe almeno più “controllato”.
Sul fronte più azionario, abbiamo assistito ad un incremento, anche piuttosto sostenuto”, della “galassia” di titoli che orbitano attorno al “pianeta Trump”.
Per esempio Tesla: in un periodo in cui l’automotive è, insieme al lusso, il settore che maggiormente sta soffrendo, la casa “simbolo” dell’elettrico è tornata ad avere performance quasi “stellari”. E’ noto a tutti come Musk sia oggi forse la persona più vicina al candidato repubblicano, tanto che si vocifera di un suo possibile incarico nell’Amministrazione Repubblicana: i più maliziosi arrivano a pensare che lo stesso Jeff Bezos, editore, tra le molteplici attività, del Washington Post, da sempre vicina alla parte democratica, di assumere un atteggiamento “neutrale”, non schierando la testata, tra le più diffuse negli USA, né verso gli uni né verso gli altri, quasi per “ingraziarsi” l’ex Presidente e non rimanere “tagliato fuori” per la “battaglia” nello spazio (la sua Blu Origin si contrappone a Space X per i voli interstellari). Ma forse ancor di più ha beneficiato della tendenza “repubblicana” dei mercati Trump media & technology group, la società di media di Trump, che, dopo aver perso il 70% del suo valore non appena Kamala Harris è diventata ufficialmente la candidata democratica, ha, da fine settembre, raddoppiato il suo valore.
Discorso analogo potrebbe valere per l’oro, che ha, recentemente, ritoccato il proprio massimo, “bucando” i $ 2.800. Non sono pochi, infatti, coloro che ritengono che, con Trump, l’inflazione possa rialzare la testa. E il metallo giallo, in quanto “bene reale”, è senza dubbio tra gli strumenti più adatti per difendersi da quel pericolo.
E poi ci sono gli allibratori….qui sì che si rientra nell’ambito delle scommesse “vere” (quelle dei mercati, spesso, sono scommesse “coperte”, vale a dire molti investitori tendono a “bilanciare” in qualche modo il rischio).
A guardare loro non ci sono dubbi: Trump viene “pagato” 1,44, mentre la Harris a 2,75.
Ma anche le scommesse, a volte, non vanno come si pensa.
La settimana si apre con gli indici asiatici tutti ben impostati.
Chiusa Tokyo per festività, Shanghai e Hong Kong salgono rispettivamente dell’1,17% e dello 0,27%.
Bene anche Seul, in rialzo dell’1,4%.
Taiex Taiwan + 0,81%.
Futures in buona salute, con Nasdaq + 0,35% e Eurostoxx + 0,10% (S&P 500 + 0,24%).
Petrolio in forte rialzo questa mattina, con il WTI tornato sopra i $ 70 (70,90, + 1,91%).
Gas naturale Usa – 2,67%, a $ 2,596.
Oro stabile, a $ 2.752.
Spread a 125,8 bp.
Btp che riparte da 3,68%.
Bund 2,43%.
Treasury vicini al 4,40% (4,38%).
$ in indebolimento, con l’€/$ a 1,0889,
Bitcoin a $ 69.300.
Ps: che la TV sia in crisi è cosa nota (soprattutto quella pubblica, con programmi che, lanciati oggi, chiudono domani per i bassi ascolti). La sua crisi, peraltro, trova origine, probabilmente, anche dal modo con cui oggi ne fruiamo: oramai la diffusione delle piattaforme è sempre più grande, e basta un semplice pc per guardare ciò che si preferisce. Sembrano preistoria gli anni in cui alcuni programmi erano dei veri e propri “cult”. Probabilmente il primo in assoluto è stato “Non è mai troppo tardi”, la trasmissione che è andata in onda nei primi anni sessanta. E il cui conduttore era il “mitico” Maestro Manzi, che sicuramente ha insegnato a scrivere e a leggere a moltissimi italiani (a quell’epoca gli analfabeti erano milioni). Ieri avrebbe compiuto 100 anni. Ne sono passati sessanta da quando la sua trasmissione faceva “scuola”, in tutti i sensi.